“I volti della canapa”, in arrivo il libro fotografico sulle vite di chi si cura con la cannabis terapeutica

Dolce Vita Magazine

20 Dic.2018 Attraverso 15 storie di vita quotidiana che hanno come protagonisti donne, uomini, bambini e genitori Maria Novella de Luca ci racconta le speranze, i dolori e le battaglie di alcuni pazienti che hanno deciso di inserire nel loro piano terapeutico la cannabis.
I volti della canapa è il nuovo libro fotografico, un viaggio attraverso storie di persone che provano a combattere quotidianamente le loro patologie con l’utilizzo della cannabis terapeutica. Utilizzare la cannabis purtroppo in Italia è ancora un argomento poco popolare, e nonostante gli sviluppi di questi ultimi anni c’è ancora molto da fare, per questo motivo la fotografa di origini laziali attraverso questi pazienti da voce ad una grande battaglia, una battaglia per il diritto alla cura e il diritto a vivere dignitosamente la vita nonostante le patologie. Una battaglia che tutti dovremmo condividere, e grazie a questo libro potrà far riflettere sempre più persone.

Un diario di viaggio in cui i pazienti mostrano la situazione reale e quotidiana di chi ha trovato conforto nella cannabis terapeutica ma che invece non ha trovato supporto nello stato, e di conseguenza tendono a vivere situazioni di illegalità o marginalità estrema.
I volti della canapa è pronto ma aspetta il supporto di tutti noi per venire alla luce attraverso la campagna dicrowdfounding che si potrà supportare fino a febbraio.

Come è iniziato questo progetto?
Questo progetto sulla cannabis è nato circa 5 anni fa ma ha avuto più riprese. Le primissime foto che ho fatto nei campi risalgono al 2008, ma non si è sviluppato subito il progetto sui volti e sull’aspetto umano. All’inizio era più curiosità sulla pianta, la sua storia: una storia che non si racconta ma che mi ha sempre affascinato e soprattutto una storia che appartiene alla nostra cultura.
Volevo capire perché è tanto demonizzata, perché non viene più coltivata, perché io, i miei figli e i miei nipoti non potevamo più vederla coltivata nei campi italiani.
Ho iniziato a raccogliere informazioni, e foto ai campi, alla raccolta, alla semina, alle foglie, ai semi e tutto quello che era vegetale.
A livello fotografico sentivo l’esigenza di raccontare questa storia ma non riuscivo a raccontarla solo fotografando la pianta, ho aspettato molto e ho cercato altre informazioni e pian piano ho scoperto il mondo della cannabis terapeutica e l’aspetto umano che era quello che mancava. Volevo capire proprio l’incontro tra questa pianta e l’essere umano dove mi avrebbe portata, volevo umanizzare la pianta. Ho trovato così nell’aspetto terapeutico tutto quello che cercavo: l’incontro di una pianta e di una malattia che i pazienti non hanno chiesto. A quel punto ho capito che questa era la storia che volevo raccontare attraverso i pazienti, che si sono trovati una malattia dentro casa senza averla chiesta, e ognuno a modo suo combatte una battaglia personale per mantenere una dignità nella propria vita anche con quella patologia. Ho iniziato a vedere che con la cannabis, questi pazienti si trovano non solo a lottare contro la patologia ma anche per avere la propria cura, semplicemente perché hanno scelto una cura non convenzionale o difficile da reperire. E così mi sono appassionata.

Quindi eri totalmente esterna all’ambiente?
Si. Inizialmente è stato difficile trovare le persone che hanno delle patologie e che nell’arco degli anni hanno individuato nella cannabis un sollievo, poi con il tempo ho iniziato a far parte di questa grande famiglia di cui adesso mi sento parte.

Hai avuto massima disponibilità da parte dei pazienti?
Assolutamente si, sono entrata in punta di piedi nelle vite delle persone per rispetto della loro privacy, della loro patologia e perché credo che la macchina fotografica a volte possa essere invadente se utilizzata male.

In questi 5 anni che cambiamenti hai notato?
Ho visto dei cambiamenti sia nell’approccio dei pazienti che nella diffusione delle notizie intorno all’argomento: qualche anno fa avevo difficoltà a trovare i pazienti adesso sono loro che mi chiamano e che si espongono, anche grazie ad internet. I pazienti mi raccontano che prima erano più soli sia perché se ne parlava meno sia perché c’erano meno notizie che veicolavano, per cui, a volte, il paziente andava dal medico per aver informazioni sulla terapia e lì incontrava il primo muro: gran parte dei medici non sapeva rispondere e quindi non sapevano a chi altro rivolgersi. Adesso invece mi dicono loro stessi, e lo noto anche io negli anni in cui sono stata accanto a loro, che la comunità è cresciuta ed è più attiva, sono nate associazioni, comitati, anche i medici si stanno informando maggiormente.
Tuttavia c’è ancora difficoltà e confusione intorno all’argomento, ma almeno se ne parla. Anche il boom della cannabis light ha portato più gente a parlarne ma ha anche creato un po’ di confusione, perché se ne parla superficialmente.

Che messaggio vuoi lanciare con questo progetto?
Premetto che il libro non vuole essere scientifico, ma è lo sguardo di una fotografa sull’argomento che fa uno spaccato di questa situazione. È molto semplice il messaggio: far parlare direttamente i pazienti, persone normali, dagli 8 ai 70 anni, e mettere il loro volto e la loro storia a disposizione di persone che vogliono informarsi. Ad esempio far parlare una mamma di famiglia che cura con la cannabis il proprio figlio o figlia credo sia il modo migliore per combattere lo scetticismo iniziale e fornire informazioni in più a coloro che fino ad ora hanno sentito parlare di cannabis solo come sballo.
Sono una serie di testimonianze che alla fine del libro magari lasciano uno spiraglio aperto per farsi delle domande, riflettere sul fatto che se alcuni hanno trovato giovamento dall’utilizzo di questa terapia forse è giusto assecondare una ricerca sulla pianta, sui suoi infiniti principi attivi per capire meglio e sfruttarne le potenzialità.
Ascoltare i pazienti che tutti i giorni combattono con le proprie patologie è anche un modo, per i medici, di fare ricerca, poiché è una cura da cucire addosso al paziente.

Da questo progetto è nato “I volti della canapa”, un libro fotografico per cui è partita una campagna di crowdfounding…La campagna è iniziata da un paio di settimane e al momento sta andando bene. Devo raggiungere le 150 copie prevendute che mi ha chiesto la casa editrice. All’interno ci sono 15 storie tra le tante raccolte, ogni storia è raccontata da me sotto forma di diario di viaggio, e con le foto realizzate sempre negli ambienti famigliari dei pazienti.
Le prefazioni e alcuni testi sono offerti da persone incontrate in questi anni a cui ho chiesto un supporto scientifico. C’è una prefazione di Marco Pinna, photoeditor del National Geographic Italia che ha curato l’editing e una di Luigi Manconi più attenta all’aspetto legale.

La campagna ha un termine ultimo?
La campagna durerà 90 giorni, la risposta al momento va bene anche se diffusa ancora solo sui social. La mia speranza è che finisca prima perché voglio far uscire il libro al più presto!

Presenterai il libro?
Si, sicuramente lo presenterò in tutte le città dove sono stata accolta dai pazienti e con i pazienti avrò sicuramente una collaborazione anche in questo. La casa editrice avrà una lista di presentazioni organizzate e le varie fiere sicuramente, la parte più bella. Sulla pagina facebook “I volti della canapa” troverete tutti gli appuntamenti in continuo aggiornamento.

Quando sarà possibile avere il libro, ci saranno anche altri modi per averlo?
Una volta stampate le 500 copie il libro si potrà trovare in tutte le librerie o ordinarlo, anche su Amazon.

Stai già pensando a qualche progetto futuro?
Ne ho qualcuno in mente… Sicuramente continuerò a raccogliere le storie come fatto finora. Poi un altro argomento che mi sta molto a cuore è il Kurdistan, quindi un progetto è quello di tornare nel Kurdistan iracheno, sono già stata in quello siriano e in quello turco. Queste sono diciamo le due storie più grandi che seguo da tempo.
Ad ogni modo al momento mi voglio prendere un po’ di tempo per dare il giusto spazio al libro.

https://www.dolcevitaonline.it/i-volti-della-canapa-in-arrivo-il-libro-fotografico-sulle-vite-di-chi-si-cura-con-la-cannabis-terapeutica/?fbclid=IwAR0lgxn3aOYO8mH58QbGfTs19KmlpCQppv521z8cqXfY65JHTKUiRx9PJe0


Come la cannabis terapeutica può arrivare a chi ne ha bisogno

Dal servizio di Maria Novella De Luca pubblicato su Internazionale https://www.internazionale.it/video/2017/01/30/cannabis-terapeutica

“La cannabis medica è legale. Può essere prescritta da qualsiasi medico e può essere lavorata da qualsiasi farmacia che abbia un laboratorio attrezzato”, dice Paolo Mantovani, farmacista che partecipa al progetto MediComm.

MediComm, nato da un’idea del medico chirurgo siciliano Carlo Privitera, è il primo portale di telemedicina in Italia specializzato in terapie con cannabinoidi. Lo scopo del progetto è abbattere i costi di gestione di terapie croniche e garantire tramite l’uso dei cannabinoidi un miglioramento della qualità della vita dei pazienti. In Italia si può ricorrere a questo tipo di farmaci dal 2007, grazie al decreto ministeriale n. 98 del 28 aprile che riconosce l’efficacia terapeutica del Thc.



I volti della canapa

Anni di viaggi in tutta Italia per raccontare il dolore, le speranze e le lotte di pazienti che hanno deciso di curarsi con la cannabis.

I volti della canapa è un viaggio attraverso cui viene aperto il microfono a persone spesso inascoltate dallo Stato. Curarsi attraverso la cannabis terapeutica, in Italia, rappresenta ancora un tabù. Miglioramenti fisici, psicologici ed esistenziali vengono spesso scambiati per pretese ideologiche. Ma queste storie, quelle di chi avrebbe diritto a trattamenti palliativi non sempre garantiti, fanno da sfondo a una battaglia di civiltà. Come potrebbe essere definito, del resto, il tentativo di attenuare le conseguenze di malattie che nessuno dei protagonisti di questo libro si è andato a cercare?

Se è vero, come sosteneva Ansel Adams, che una fotografia non si scatta, ma si crea, è altrettanto vero che questo fine si persegue, a volte, passando per vicende estremamente personali. Gli appunti di viaggio di Maria Novella De Luca sono stati presi in punta di piedi, chiedendo ‘permesso’ e cercando di non invadere troppo gli animi e l’intimità di chi, come Claudia, Andrea, Serena e Osvaldo, si è reso disponibile al racconto.

I volti della canapa è un percorso che fotoreporter e pazienti hanno intrapreso insieme. Sono nate amicizie mai più messe in discussione. Ed è nata, soprattutto, una consapevolezza: dalla sclerosi multipla, dal cancro e da altre patologie rare è difficile scappare, ma provare a stare meglio, al contempo, non può essere considerato un crimine o una stranezza.

Ma qual è l’utilità di questa cannabis terapeutica?
La domanda è lecita. Di confusione, attorno a quest’argomento, se ne fa ancora tanta.
“Quando un dottore non ha una risposta, c’è la morfina”, dice Osvaldo. “Con la cannabis, la mia bambina è più presente e partecipe”, spiega la mamma di Serena. “Voglio curarmi evitando la dipendenza.
La cannabis mi fa stare meglio, mi aiuta con nausea e vomito e mi fa dormire la notte”, racconta Claudia.

Il viaggio di Maria Novella De Luca passa sì dalle narrazioni di chi ha sperimentato gli effetti positivi di questo genere di terapia, ma anche per i pareri di quei medici chiamati a cucire addosso ai pazienti “un vestito” ad hoc. Quello in grado di alleviare sofferenze altrimenti incontrastabili.

I volti della canapa è un lavoro che non ha né un punto di partenza né uno d’arrivo. L’intero Paese è interessato dagli sforzi di chi cerca un po’ di serenità. Non c’è una pretesa di esaustività in questo libro.
C’è, però, la necessità di asserire che chi ha trovato la forza di raccontare, non può continuare a lottare da solo. Loro e tutte le persone costrette, per lo stesso motivo, ad avere a che fare con ASL inadempienti o disinformate, flaconi che non arrivano o dosi non sufficienti.

Maria Novella De Luca ha viaggiato tra Arezzo, Firenze, Taranto, Grottaglie, Foggia, Lecce, Bologna, Roma, Siracusa, Genova e Mestre. Zaino in spalla, scarpe comode e un po’ di ritrosia nell’irrompere in vite segnate dalla malattia. “Sei una fotografa, devi fotografare”: sono stati gli stessi protagonisti a spingere affinché questo lavoro arrivasse a destinazione.

Adesso ci siamo, i volti della canapa è pronto, ma dipende anche da voi! è possibile che il libro in questione poi finisca in qualunque dimenticatoio o in una qualsiasi soffitta impolverata, la battaglia di Claudia, Andrea, Serena, Osvaldo e di tutti gli altri invece, no!