di Maria Novella De Luca
Conosco Walter da molti anni,
è un bell’osso duro, un piccoletto tenace, ma che da anni mi ripete, seppur col
sorriso, che non ce la fa più, che la malattia lentamente lo sta allontanando dall’entusiasmo
che ha sempre avuto nella vita. Nonostante questo, però, la luce che gli fa
brillare gli occhi, fortunatamente, non l’ha ancora persa.
E’ una persona appassionata
“ciccio”, intelligente, buona, ricca, piena di interessi, amante della natura e
di tutti i gatti e pesci che ha in casa. E innamorato di Piera, la cagnona
fedele che dorme davanti al portone di ingresso e lo difende.
48 anni, ex operatore Usl e
volontario della Croce Bianca, vive vicino Arezzo con il papà anziano.
Walter è un combattente, si,
ma è anche una persona che soffre molto, e da molti anni.
L’artrite reumatoide che gli
hanno diagnosticato all’età di 16 anni lo ha lentamente cambiato, lo ha
rimpicciolito, trasformato nell’aspetto fisico, l’ha reso disabile al 100% e
dipendente da qualcuno.
Gli ha cambiato le abitudini
ma non l’ha spezzato perché Walter ama la vita, nonostante tutto.
La ama talmente tanto che ha
fatto di tutto per continuare a viverla dignitosamente: ha provato molte cure, sopportato
diverse operazioni, messo protesi, fatto fisioterapia, ippoterapia, cambiato
dieta, e utilizzato la cannabis.
La utilizza tuttora, il Bedrocan, regolarmente prescritto.
La cannabis gli dà sollievo, lo aiuta a sopportare i forti dolori e a mangiare, ma la dose prescritta non gli è sufficiente. Da anni chiede, infatti, che gli sia aumentato il dosaggio senza ricevere risposte.
E allora ha iniziato a
coltivarla, in casa, con l’aiuto di amici, perché Walter non cammina e non
muove le dita delle mani: “Il dolore non può aspettare” continua a ripetere dal
suo letto dove è ormai costretto a trascorrere la maggior parte delle ore del
giorno e della notte.
Per questo però giorni fa i
carabinieri sono andati a trovarlo, hanno sequestrato le piante e arrestato un
amico che in quel momento era con lui ad aiutarlo e che ora è in attesa di
processo.
Questo fa di Walter o del suo
amico dei criminali? No, almeno per me.
Coltivare cannabis non è
permesso nel nostro paese, è vero, e i militari hanno fatto il loro lavoro.
Allo stesso tempo però,
Walter ha cercato con quelle piante sollievo e dignità in una vita ormai dura
da sopportare.
Difficile da giudicare questa
sgradevole situazione, difficile dire chi ha torto o ragione. Forse nessuno ha
torto e nessuno ha ragione.
C’è solo da fare uno sforzo
per capirla meglio, conoscere e ragionare, non contro la legge, ma oltre essa.
D’altronde la storia ci insegna che non sempre quello che è legge è giusto o lo
sia per tutti.
Penso a quando, nella Genova
di De Andrè, la cassazione annullò la condanna di un furto inflitta a un uomo
senza fissa dimora perché aveva rubato per fame, affermando che “non è punibile”
chi è spinto dal bisogno, dando ragione alle stesse parole del cantautore che
cantava “ci hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane, ora
sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame”. Ecco Walter non ha
rubato niente se vogliamo, ma incarna uno stato di necessità al quale non
possiamo voltare le spalle.
Quindi anche io, come tanti
amici che gli stanno dimostrando solidarietà, sto con Walter e con il suo amico
Marco, sto dalla parte di chi soffre, dalla parte della vita. Con la speranza
che un giorno anche la politica e le istituzioni possano prestare ascolto alla
poesia, dove a volte si trovano più verità che in un disegno di legge.
“Il corpo è mio ed è la cosa
più bella che ho, voglio esserne fiero stando bene con me stesso, mio padre e
gli animali, che sono le cose che mi tengono in vita. Perché altrimenti cosa
vivo a fare?
Al momento queste parole di
Walter sono la cosa più importante di tutta questa storia.